Passa ai contenuti principali

"Le Lingue Ritrovate" di Giovanni Diassise dalla rivista di giornalismo internazionale del DISPI (Università di Genova)

Le lingue ritrovate 

 di Giovanni Diassise, 23 ottobre 2021 

Con i suoi dieci milioni e mezzo di chilometri quadrati l’Europa è il secondo continente più piccolo del mondo, eppure racchiude al suo interno Paesi, culture, lingue e situazioni socioeconomiche molto diverse. Il Vecchio Continente concentra al suo interno un’ampia varietà di lingue. Infatti, oltre a quelle nazionali, esistono altri idiomi definiti regionali o minoritari. Nel 1992, grazie al Consiglio d’Europa, è entrata in vigore la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie. Questo documento si pone l’obiettivo di tutelare le differenze linguistiche e culturali, proponendosi di sostenere quelle lingue che appunto differiscono dalla lingua nazionale e che sono parlate da una minoranza presente all’interno del Paese. Molte di queste lingue sono oggi vicine all’estinzione, così ben trentatré Paesi membri del Consiglio hanno firmato la Carta e si sono proposti di applicarne i contenuti. Non tutti i membri, però, hanno dimostrato di avere a cuore questa causa e tra questi troviamo anche l’Italia. I principi di tutela linguistica sono contenuti nella II e nella III parte della Carta. La seconda parte riguarda il riconoscimento delle lingue come espressione di ricchezza culturale, la promozione e l’incoraggiamento nell’uso corrente, la predisposizione di mezzi per l’insegnamento e altre azioni generali volte all’acquisizione di una miglior consapevolezza del patrimonio. La terza parte entra più nello specifico, promuovendo regole chiare sull’uso degli idiomi nella formazione scolastica, nelle istituzioni, nella vita economica e riguardo la diffusione attraverso i media. Molti Paesi firmatari applicano soltanto la seconda parte della Carta. Quello che conta è, però, il fatto che queste Nazioni si occupano con azioni concrete di proteggere le minoranze. Un caso ben noto a tutti è la Spagna, che, in materia di tutela linguistica, è tra le prime parificando ben quattro lingue regionali alla lingua nazionale. Se avete visitato Barcellona, avrete notato come il catalano abbia un ruolo superiore per la vita quo-tidiana e parlare anche castigliano risulterebbe a volte superfluo. Al di là di queste situazioni più note ne troviamo altre poco conosciute. Forse non tutti sanno che la lingua italiana è tutelata in ben cinque Paesi grazie a questo documento. Esistono infatti antiche comunità italofone presenti in Svizzera,

Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina e Romania. Questi gruppi ormai secolari possono godere di una tutela mai avuta prima e continuare a far vivere la loro lingua. Si pensi alla comunità italo-bosniaca, presente sin dall’Ottocento, che oggi conta 300 persone circa e viene tutelata dal governo bosgnacco grazie ad azioni concrete per la trasmissione della lingua e della cultura italiana. Ma anche Paesi come il Regno Unito (con sette lingue riconosciute), i Paesi Bassi (5), la Polonia (14) e la Germania (7) si impegnano quotidianamente nella difesa di patrimoni oggi sempre più vicini all’estinzione e in alcuni casi queste politiche portano frutti. Un esempio simbolo è quello britannico. Grazie a un impegno già avviato da tempo e implementato dalla Carta, la lingua cornica, quasi estinta nel secolo scorso, conta oggi circa 500 madrelingua.

Poco più a nord è avvenuto un processo simile: il gallese, che nel 2011 contava 562.000 locutori, nel 2021 ne conta più di 800.000. 

 

E l’Italia? La Penisola ha sì firmato la Carta, ma non l’ha ancora ratificata. Questo mette seriamente a rischio il patrimonio linguistico e culturale italiano, anche perché queste tutele porterebbero il Paese ad attingere anche a fondi del Consiglio d’Europa e dell’Unione Europea atti a tali politiche. I nostri Padri costituenti, all’articolo 6 della Costituzione, hanno manifestato la volontà di tutele delle minoranze linguistiche. Qui però nasce un problema da molti dibattuto e che si scontra con la Carta europea: quali sono le minoranze linguistiche italiane? La tutela è valida solo per dodici gruppi linguistici sui trenta presenti in Italia. Troviamo ad esempio il sardo, lo sloveno, il friulano, l’occitano, il greco e il tedesco, ma non troviamo le altre lingue regionali come il lombardo, il ligure, il siciliano, il veneto, il napoletano, ecc. Questi idiomi sono oggi riconosciuti dalla linguistica generale, dall’UNESCO, dall’Unione Europea e da altri enti internazionali come lingue a tutti gli effetti, sebbene nel volgo popolare si usi il termine sociolinguistico “dialetto” per indicare le lingue che differiscono dall’italiano. La normativa vigente risulta discriminante e di conseguenza anticostituzionale visto che contrasta con la volontà dei Padri costituenti di tutelare tutte le minoranze del nostro Paese. Questa norma crea dunque una classifica tra lingue di serie A e di serie B, rendendo l’Italia quasi un unicum nel panorama europeo. La motivazione di questa scelta risiede nelle caratteristiche delle lingue tutelate che vengono definite “alloglotte”, per essere più chiari possiamo dire “più distanti” linguisticamente dall’italiano e dalle altre lingue non tutelate. Un caso simile in Europa è quello della Francia che, come l’Italia, non ha ratificato la Carta europea. I transalpini da sempre sono considerati un Paese centralista e contrario alle minoranze e ai loro idiomi poiché ritenuti pericolosi per la formazione di un sentimento nazionale unitario. Ciò che però è avvenuto lo scorso aprile risulta rivoluzionario rispetto al passato. Finalmente è stata approvata una legge (Loi Molac) a tutela delle minoranze. Incredibile ma vero in questa legge, al contrario del caso italiano, tutte le minoranze sono state riconosciute: dal bretone all’alsaziano, dal fiammingo al corso, dall’occitano al basco. 
Proviamo adesso a ragionare sulla lingua autoctona della nostra regione: il genovese (o ligure). Per noi è quasi ovvio che non venga presa in considerazione dalle istituzioni e ancora meno insegnata poiché legata soltanto a un tempo passato e lontano dal quotidiano, eppure non sono del nostro stesso parere fuori dalla Liguria: nel Principato di Monaco il monegasco (dialetto della lingua ligure) è lingua nazionale dello Stato ed è insegnato a scuola; in Francia le ligurien è riconosciuto come minoranza nelle valli brigasche e tendasche di confine (affermato dal Dipartimento e ribadito dalla Legge Molac); in Sardegna una legge regionale tutela il dialetto ligure tabarchino. In Liguria si è scelto invece di lasciar morire un patrimonio secolare a causa della disinformazione e del poco interesse verso la cultura che è stata fondamento del nostro Paese. Siamo proprio sicuri che il tempo e le risorse siano impossibili da trovare per il patrimonio culturale italiano che ci rende unici nel mondo?

Commenti

  1. Ne Abbiamo già parlato Noi Due di questo Argomento, e vorrei che sia i giornalisti del "Secolo XIX", sia le Autorità Regionali Aprissero a questa Tutela!...So che a Napoli, anche le Case Editrici e Discografiche, danno spazio a Lingua e Cultura Napoletana, in Teatro e Nel Cinema si Usa Molto, quindi spero che si inizi a Pensare a Questo anche a Genova!☺️😉💪👏🥰😍😘🙇🙏🎈🌱👁️💓👁️

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Zeneize in sciâ ræ - Ligammi

  Ligammi da pagina Zeneize in sciâ ræ /Link della pagina "Genovese Online" FACEBOOK: Content available in English too/ contenido disponible en español también   INSTAGRAM    YOUTUBE   Wikipedia in lengoa ligure  Blog do Giovanni Diassise    Ligammi utili/link utili (Pagina in preparaçion/pagina in preparazione) Graçie pò-u tò contributo, te domandemmo de sconpartî o ciù poscibile i nòstri contegnûi e fâ conosce o zeneize. Grazie per il tuo contributo, ti domandiamo di condividere il più possibile i nostri contenuti e far conoscere il genovese.  

#iorestoacasa Ave Maria Bach-Gounod Banda Genova Bolzaneto con Giovanni Diassise al clarinetto

Ecco l'Ave Maria di Bach-Gounod eseguita dalla Banda di Bolzaneto. Al clarinetto anche Giovanni Diassise! Buona visione!